Con la famiglia a tavola
La storia di don Antonio Spalatro inizia nella seconda decade del ‘900 negli Stati Uniti d’America. Lì, a Warren nell’Ohio, in una piccola comunità di viestani emigrati per sfuggire a un avvenire di povertà, si erano stabiliti tutti i suoi familiari materni, mentre il padre era solo. Il papà si chiamava Michele Spalatro (1893-1984) e la mamma Domenica Demaria (1899-1988). Si incontrarono, si piacquero e decisero di mettere su famiglia sposandosi il 1° marzo del 1919, avevano 26 e 29 anni.
L’anno dopo nacque la prima figlia che chiamarono Pasqua (1920). Dopo il primo anno di matrimonio, pensarono di rimpatriare per garantire ai figli una formazione che fosse legata alle tradizioni sociali, civili e religiose del loro paese. Così raccolsero le loro cose e fecero ritorno a Vieste. Qui la famiglia Spalatro trovò alloggio in via Cimitero 3, una casa semplice e povera, situata nella città vecchia proprio di fronte al balconcino della sacrestia della Cattedrale. In questa casa nacquero Maria (1923) che morì a poco più di un anno; il nostro don Antonio (1926) che all’anagrafe portava il nome del nonno paterno Domenicantonio; un’altra Maria, nata nel 1928 e morta anche lei dopo pochi mesi; Michele, nato nel 1929; Vincenzo (1937) che morì a pochi giorni dalla nascita; e poi ancora Vincenzo che nacque nel 1939. I genitori di don Antonio ebbero in tutto sette figli di cui solo quattro sopravvissero, ma all’epoca la morte dei bambini molto piccoli toccava numerose famiglie ed era considerata una cosa quasi normale.
Agli inizi degli anni ‘30, la famiglia Spalatro traslocò da via Cimitero (che si chiamava così perché lì era storicamente situato il cimitero di Vieste) in una casa più comoda e più grande in viale XXIV Maggio, in una zona oggi centralissima, ma che allora era considerata la periferia del paese. Fu in questa casa che don Antonio visse la maggior parte della sua vita.
La famiglia di don Antonio non godette di una florida condizione economica: emigrò per povertà, ritornò per necessità, ma visse sempre dignitosamente la propria condizione, che all’epoca era comune a tante famiglie. Il papà era ortolano, coltivava il suo orticello e ne affittava altri per sopravvivere, vendendo direttamente i prodotti del proprio orto. Così, con l’aiuto dei suoi famigliari e i soldi guadagnati in America, si potè fabbricare una casa nuova, quella in viale XXIV Maggio appunto, casa in cui nel 1954 morì il giovane sacerdote don Antonio e che la famiglia Spalatro abitò fino al 1988, anno della morte di Domenica, sua madre.